venerdì 17 agosto 2018

SB Sentiero del Brigante: Gambarie - Limina

Siamo partiti per quella che doveva essere un’impresa da ricordare, di quelle da raccontare, cinque giorni per attraversare l’Aspromonte e le Serre Calabresi sulle tracce del Sentiero del Brigante, zaino in spalla, tenda e sacco a pelo. In autosufficienza, una spesa minima di pochi euro. Non ce l’abbiamo fatta, la stanchezza ci ha fiaccato al termine del secondo giorno, dopo aver attraversato tutto l’Aspromonte partendo da Gambarie ed essere arrivati alla Limina (il limite geografico dello stesso), 60 km di boschi, stagni, sfagni, muschi, felci, faggete e lecceti senza fine. 



Siamo partiti a ferragosto con un bus di linea che in poco meno di un’ora, lungo gli stretti tornanti della Gallico-Gambarie ci ha fatto raggiungere il nostro punto 0. Ore 9:00 con uno zaino dal peso proibitivo abbiamo attaccato subito in maniera decisa il nostro percorso contraddistinto dal segnavia Rosso-Bianco-Rosso (bandiera verticale). In poco più di un’ora la prima tappa obbligata per rinfrescarci all’ombra degli imponenti faggi che circondano “l’acqua del monaco”. I primi pensieri si accavallano e snebbiano tra il brusio dei nostri passi. Proseguendo spediti il bivio e la discesa per il “passo delle due fiumare” diventa realtà, qualche minuto di sosta per rinfrescarci e riprendiamo subito il cammino; qui i segnavia non sono subito intuitivi, ma in pochissimo tempo e spostandosi leggermente sulla destra appaiono dall’altro lato del torrente. Comincia la salita. Accusiamo la prima stanchezza, soprattutto per il peso dello zaino, ma i Piani della Melia sono a un tiro di schioppo, ci sdraiamo, cioccolata e una bevuta d’acqua. Siamo sulla strada giusta. Riprendiamo il cammino e alle 13:00 accolti dal fumo della carne arrostita, improvvisati raccoglitori di funghi e pianto d’infanti siamo ai Piani di Carmelia. Sostiamo qualche minuto, giusto il tempo di riprendere le forze, beviamo e chiediamo qualche piatto in plastica, ci potrà servire, è l’unica cosa che non abbiamo pensato di portare. Ripreso il cammino decidiamo di effettuare una correzione del nostro itinerario, anziché risalire un passo proibitivo, scegliamo una via più semplice già percorsa durante il Trekking Costa a Costa, le “Fontanelle”. Un’ora dopo siamo a “Portella Mastrangelo” dove decidiamo di consumare il nostro passo. Il passo della “Cerasara” è la nostra prossima meta che raggiungiamo in un breve lasso di tempo, da qui il sentiero declina fortemente e in meno di mezz’ora siamo a “Croce Toppa”, da dove percorrendo la strada asfaltata (in realtà è possibile percorrere anche un sentiero) in circa 50 min siamo all’ex Sanatorio Vittorio Emanuele III in località Zervò. Decidiamo di non fermarci ma di rifornirci di acqua e proseguire per almeno un’ora. In località Mastrogiovanni ci fermiamo. Finisce il primo giorno.


Acqua del Monaco



Piani della Melia


Montiamo la tenda, accendiamo un fuoco di bivacco e ci laviamo. La doccia, una semplice busta alla quale abbiamo praticato un foro è forse il momento più bello che rimarrà impresso come ricordo indelebile. Mentre la nebbia saliva, ci avvolgeva e il fuoco faceva scoppiettare la legna noi sognavamo sotto quel flebile getto d’acqua. I pensieri si rincorrono quando sei nel bosco, di notte, perdi la vista ma gli altri sensi si amplificano in quello che diventa un rincorrersi di rumori, crepitii e ronzii. 



Il secondo giorno partiamo presto e alle 7:30 siamo già sulla strada che ci condurrà al “Passo del Mercante”. Decidiamo di effettuare un ulteriore deviazione, saltare la “Valle dell’Uomo Morto”, le nostre forze vacillano, la nostra fermezza nell’arrivare al compimento dei cinque giorni comincia a creparsi. Facciamo colazione in località “Due mari” e subito dopo riprendiamo il cammino. Alle 13:00 mentre io sono sfinito al contrario del mio compagno di viaggio, arriviamo al “Passo del Mercante”. Lì ho deciso che mi sarei fermato. Comunico la mia intenzione. Enzo capisce che non si tratta di un capriccio ma di una reale necessità. Riprendiamo il nostro percorso consapevoli che la Limina sarebbe stata la prossima tappa ma anche l’ultima, interrompendo così un sogno. Cerchiamo a lungo il campo per il cellulare quando finalmente riusciamo a prendere la linea. Giovanni all’inizio titubante, credendo si trattasse di uno scherzo, comprende che la realtà è quella che gli raccontiamo e senza esitare, nonostante la Limina non sia il posto della porta accanto, parte da casa alla volta del nostro recupero. Siamo sollevati, ancora qualche chilometro. Al Casello Barca ci vengono offerte delle pesche che consumiamo con voracità, ma proprio quando crediamo di avercela fatta ecco la prima vera difficoltà. I segni appaiono poco chiari e in un non nulla perdiamo il sentiero, percorriamo alla ricerca del segno successivo qualche centinaio di metri ma nulla, si torna indietro all’ultimo segno. Eccolo, riprendiamo, ritroviamo la traccia ma di nuovo poco dopo la perdiamo. Nulla. Rinunciamo e con carta alla mano percorriamo un sentiero alternativo verso la nostra meta. Oramai il Monte Limina è davanti a noi, un arcobaleno lo abbraccia e metaforicamente abbraccia anche due amici, due escursioni imbarcatesi in un’impresa più grande di loro. 


I Due Mari


Casello Barca

Sono trascorsi 2 giorni, 48 ore nelle quali abbiamo percorso 60 chilometri del Sentiero del Brigante e attraversato a piedi l’Aspromonte, la via aspromontana del sentiero. Rientro con un turbinio di emozioni, con la delusione di non esserci riuscito ma con la consapevolezza che sarebbe stato un azzardo. Percorrerò di nuovo il Sentiero del Brigante, scegliendo questa volta di appoggiarmi alle tante strutture che si trovano lungo di esso, mangiando e dormendo, scegliendo uno zaino leggero, cambiando molte cose ma mantenendo sempre o stesso compagno di viaggio. Grazie Enzo.


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