domenica 26 agosto 2018

Erranze della lentezza

Erranza è un termine che mi ha affascinato, ammaliato, sedotto sin dalla prima volta che l’ho scrutato, quasi nascosto tra le righe dell’ultimo e bellissimo libro di Francesco Bevilacqua, sento che questo termine, questa definizione del "camminare", nel senso più assoluto del termine, è mia. L’ho sempre cercata ma solo adesso mi accorto quanto mi sia mancata. Ogni erranza nasce da un bisogno profondo, quasi fisiologico, un richiamo ancestrale che dalle irrequiete profondità della nostra anima giunge sino in superficie, una sorta di grido d’aiuto. L’erranza nel significato più arcaico è riferito ad uno stato d’errore, di dubbio, di confusione propria, nel più delle volte di chi è innamorato. Ecco perché lo sento mio, ecco perché è di ogni errante, di colui che si sposta da un punto all’altro senza un posa. L’errante ama, ama errare, ama vagare. E mi sento irrequieto chiuso tra quattro mura, un leggero mal di testa, un vento imperdonabile di scirocco che incupisce l’aria, la stagna, umida e tumida d’acqua. Passo tra le pagine di un Don Chisciotte che mi travolge di emozioni a qualche riga del Bisogno di Pensare di Vito Mancuso, sfoglio le mappe corografiche e programmo la mia prossima erranza. Le chiamerò così le mie uscite: erranze della lentezza. Saranno viaggi, mistici e avventurosi, per valli incantate d'Aspromonte, Serre, Sila, Pollino, per boschi, foreste, rivoli acquosi e stagni, foci e sorgenti di fiumi e torrenti, saranno questo le mie erranze delle lentezza. 

loc. Nino Martino

loc. Nino Martino



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