venerdì 7 dicembre 2018

CANTO DALL'INFERNO



Sono da solo
in sala settoria
lavo i coltelli
a tarda ora

lei è stesa sul tavolo
ancora riluce
gocce di rugiada
sul corpo truce

    [sento un rumore]


mi volto di scatto
lei respira
è vicino a me
e sembra viva

è fredda, esangue
ha gli occhi spenti
al posto delle dita
mille serpenti

gocciola fiele
da un seno cucito
nessuna luce
nel suo scarno viso

tremo da solo
in quel momento
lei allunga le mani
in un lamento

canta alle anime
la sua litania
rivuole la vita
che è fuggita via

     [sento un rumore]

mi sveglio di colpo
in un tempo eterno
ripenso al suo viso
che brucia all’inferno.

---
Pellaro
06.12.2018

giovedì 6 dicembre 2018

Poesia


La poesia è ginestra
in un campo di marzo
che strinata dal vento
libera note dai propri baccelli

---
Pellaro
06.12.2018

martedì 27 novembre 2018

Gemito


Si scuote il cuore
trema e sussulta
corre veloce
l’anima esulta

sento il profumo
del tuo corpo vicino
il seno è tumido
il grembo è piccino

sento il fremito
la tua schiena si piega
irrompe un gemito
la mia pelle si gela

divampa un fuoco
che tutto divora
diviene fioco
e pian piano svapora

rimango nudo
disteso sul letto
il mio corpo è crudo
la tua faccia sul petto

e ora fecondo
di vita scintilla
il tuo ventre rotondo
di speme distilla

--
Pellaro
27.11.2018

lunedì 22 ottobre 2018

Scorre il tempo


Scorre il tempo
come un villano
scivola veloce
cade di mano

è il solo dono
che riceviamo in pegno
pagheremo alla fine
con una cassa di legno

la vita ci inonda
di intense emozioni
noi non le cogliamo
siam solo coglioni

sfuggiamo l’amore
la poesia e l’arte
per finire chiusi
in un muro di latte

e finiscono i giorni
in un batter di ciglia
finisce il tempo
che tutto ripiglia

finiscono i colori
gli odori e gli amori
finisce un uomo
con i suoi dolori

venerdì 5 ottobre 2018

fiume di fango


Si spezza la vita
in un solo momento
si blocca il per sempre
eterno nel tempo

arriva il fango
travolge il piccino
la mamma fa scudo
al suo corpicino

borbotta l’acqua
sono abbracciati
nel buio che acceca
son trascinati

molla la presa
nell’ultimo istante
muore la mamma
e il suo infante

sabato 8 settembre 2018

PROCESSIONI E ANNEBBIAMENTO DELLA MORALE: " 'a festa i maronna"

E’ tempo di processione, di processioni; la mia, immerso nel ventre della natura, in quell'Aspromonte erto, arido, brullo alla ricerca di un sentiero scomparso, un piccolo corso d’acqua, una rupe non si è fatta, rimandata per un improvviso impedimento.

Cedo e decido di prendere parte ai festeggiamenti della patrona; parcheggio distante, pronto alla fuga. Mi immergo in un mondo “nuovo”, in realtà vecchio e uguale a se stesso da anni, un mondo lontano dal profumo del faggio, della terra bagnata, dall'abete o del muschio, un mondo di fumi tossici che esalano da calderoni a cielo aperto, gozzovigli ad ogni angolo, frenesia del correre, dell’esserci ad ogni costo, teatrino di miseri commedianti vestiti di stracci fatti passare come abiti d’alta moda. Collane di finti ori rilucenti degni del peggiore mercatino d’accattoni. Profumi scadenti. Uomini donne, nella peggiore accezione del termine. Apologia della cafonaggine. Mi fermo ai margini, aspetto il passaggio, rendo grazie tra orde impazzite di telefonini selvaggi che assalgono l’effige in una violenza della morale della fede. Mi accorgo di essere il solo a non aver sfoderato il cellulare. Due uomini di mezza età si spingono, si insultano, davanti alla vara, si contendono il posto migliore per una delle tante foto sfocate e inutili che verranno scattate (ma per farle vedere a chi?). Un’enorme allegoria di perdizione del pensiero e della ragione. E’ questo quello che è diventato un tributo di ringraziamento?

E io rifuggo con la mente tra le mie montagne, tra i pascoli e i terrazzamenti da cui si vede il mare, tra i profumi del gelso e del castagno, tra i coltivi di fragole e le distese di ciliegi, sul Tracciolino, i piani di Carmelia, le due Fiumare, lì voglio passare il mio tempo libero, è lì che rinasco, è quel grembo che mi partorisce nuovo ogni volta. Non c’è violenza nelle effigi della natura. Abbasso il capo e mi allontano, ho il cuore cupo.

Sul sentiero per Polsi

lunedì 3 settembre 2018

Erranza - Cavagrande del Cassibile

Sapevo che prima o poi sarebbe arrivato ma non pensavo così presto. La natura esige un pegno, mi piace considerarlo così, un tributo per farsi ammirare, per farsi penetrare sin nel profondo. Cavagrande del Cassibile strega, ammalia, affascina, riduce la tua prudenza, ti riduce a nulla in mezzo a quel tutto. È un orgasmo di colori, dal cobalto che sfuma in turchese, dal mirto al giada rilucente di giallo; ci si inebria di colori nel Cassibile che logora le sponde bianche violentate da una sottile trama venosa di antracite. Cassibile è lo spazio, è il tempo che si ferma, ridonda mai uguale a sé stesso. Penetriamo, ubriacandoci di bellezza e ce ne ingozziamo in un gozzoviglio di luci, ombre, bianchi e neri, lontano dal fragore della ressa delle pozze principali. Siamo nel grembo fecondo di quella che è stata la dimora in vita di popoli estinti e il giaciglio eterno dei loro resti sepolti nelle necropoli, scavate a mano nella roccia. Mi sdraio sotto un lentisco e torno in vivo, la mia musica è il frinire delle cicale, ininterrotto. Mi emoziono. Durante le mie erranze ricevo sempre tanto, muschi, oleandri, euforbie, raganelle, libellule, colori, deliri tutto penetra in me come io penetro nel ventre della natura e ne vengo accolto, divento feto e rinasco, nuovo, pronto per la mia prossima settimana inurbata. Ieri ho pagato pegno, come ogni tanto accade. Queste saranno le ultime foto che vedrete scattate dalla mia fedele compagna di viaggio, Olympus OM-D…alle fotocamere non piace l’acqua. 







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Per ogni emozione provata devo ringraziare il GEA Gruppo Escursionisti d'Aspromonte, senza il quale probabilmente starei inurbato più del necessario.

domenica 26 agosto 2018

Erranze della lentezza

Erranza è un termine che mi ha affascinato, ammaliato, sedotto sin dalla prima volta che l’ho scrutato, quasi nascosto tra le righe dell’ultimo e bellissimo libro di Francesco Bevilacqua, sento che questo termine, questa definizione del "camminare", nel senso più assoluto del termine, è mia. L’ho sempre cercata ma solo adesso mi accorto quanto mi sia mancata. Ogni erranza nasce da un bisogno profondo, quasi fisiologico, un richiamo ancestrale che dalle irrequiete profondità della nostra anima giunge sino in superficie, una sorta di grido d’aiuto. L’erranza nel significato più arcaico è riferito ad uno stato d’errore, di dubbio, di confusione propria, nel più delle volte di chi è innamorato. Ecco perché lo sento mio, ecco perché è di ogni errante, di colui che si sposta da un punto all’altro senza un posa. L’errante ama, ama errare, ama vagare. E mi sento irrequieto chiuso tra quattro mura, un leggero mal di testa, un vento imperdonabile di scirocco che incupisce l’aria, la stagna, umida e tumida d’acqua. Passo tra le pagine di un Don Chisciotte che mi travolge di emozioni a qualche riga del Bisogno di Pensare di Vito Mancuso, sfoglio le mappe corografiche e programmo la mia prossima erranza. Le chiamerò così le mie uscite: erranze della lentezza. Saranno viaggi, mistici e avventurosi, per valli incantate d'Aspromonte, Serre, Sila, Pollino, per boschi, foreste, rivoli acquosi e stagni, foci e sorgenti di fiumi e torrenti, saranno questo le mie erranze delle lentezza. 

loc. Nino Martino

loc. Nino Martino



Nonna


sulla poltrona dove tu stavi seduta
è rimasta la tua velatura
è un’impronta senza calore
che sbianca pian piano in un lieve pallore

chiudo gli occhi e ti sento parlare
da sola in quella stanza a rumoreggiare
tra le vecchie foto ingiallite
ti perdi nei ricordi di altre vite

mi chiami “francesco” mi alzo e arrivo
e mi mostri orgogliosa un vecchio spartito
mi racconti di storie di un lontano passato
di quanto maledetto con te sia stato il fato

e mentre racconti di ricordi lontani
mi accorgo che tremano le tue mani
scende una lacrima sulle rughe del viso
io non ricordo più il tuo sorriso

mi sveglio, son desto ho il viso bagnato
è solo un ricordo del mio primo passato

è solo un ricordo di chi non vedrò più
sei stata la stella della mia gioventù


venerdì 24 agosto 2018

Arcella discoides - Foce del Mesima

Arcella discoides Ehrenberg, 1843
Ameba tecata cosmopolita nelle raccolte d'acqua stagnante.
Dimensioni 70-157 µm
Raccolta: foce del fiume Mesima, San Ferdinando




martedì 21 agosto 2018

due cuori in risonanza

Se siamo lontani
la notte i nostri cuori
entrano in risonanza
vibrano di un unico battito
all'unisono
il mio cuore è in ansia
se il tuo è in ansia
mi rattristo e gioisco
se sei triste o felice
tremo di freddo
se tu hai freddo
o soffro il caldo
se tu sudi

sento un battito
che non è il mio
ma è il tuo e il mio insieme
due cuori in risonanza
che si fondono
si uniscono in un unico fremito

e la notte chiudo gli occhi
e non sono più me
ma sono me e te insieme

venerdì 17 agosto 2018

SB Sentiero del Brigante: Gambarie - Limina

Siamo partiti per quella che doveva essere un’impresa da ricordare, di quelle da raccontare, cinque giorni per attraversare l’Aspromonte e le Serre Calabresi sulle tracce del Sentiero del Brigante, zaino in spalla, tenda e sacco a pelo. In autosufficienza, una spesa minima di pochi euro. Non ce l’abbiamo fatta, la stanchezza ci ha fiaccato al termine del secondo giorno, dopo aver attraversato tutto l’Aspromonte partendo da Gambarie ed essere arrivati alla Limina (il limite geografico dello stesso), 60 km di boschi, stagni, sfagni, muschi, felci, faggete e lecceti senza fine. 



Siamo partiti a ferragosto con un bus di linea che in poco meno di un’ora, lungo gli stretti tornanti della Gallico-Gambarie ci ha fatto raggiungere il nostro punto 0. Ore 9:00 con uno zaino dal peso proibitivo abbiamo attaccato subito in maniera decisa il nostro percorso contraddistinto dal segnavia Rosso-Bianco-Rosso (bandiera verticale). In poco più di un’ora la prima tappa obbligata per rinfrescarci all’ombra degli imponenti faggi che circondano “l’acqua del monaco”. I primi pensieri si accavallano e snebbiano tra il brusio dei nostri passi. Proseguendo spediti il bivio e la discesa per il “passo delle due fiumare” diventa realtà, qualche minuto di sosta per rinfrescarci e riprendiamo subito il cammino; qui i segnavia non sono subito intuitivi, ma in pochissimo tempo e spostandosi leggermente sulla destra appaiono dall’altro lato del torrente. Comincia la salita. Accusiamo la prima stanchezza, soprattutto per il peso dello zaino, ma i Piani della Melia sono a un tiro di schioppo, ci sdraiamo, cioccolata e una bevuta d’acqua. Siamo sulla strada giusta. Riprendiamo il cammino e alle 13:00 accolti dal fumo della carne arrostita, improvvisati raccoglitori di funghi e pianto d’infanti siamo ai Piani di Carmelia. Sostiamo qualche minuto, giusto il tempo di riprendere le forze, beviamo e chiediamo qualche piatto in plastica, ci potrà servire, è l’unica cosa che non abbiamo pensato di portare. Ripreso il cammino decidiamo di effettuare una correzione del nostro itinerario, anziché risalire un passo proibitivo, scegliamo una via più semplice già percorsa durante il Trekking Costa a Costa, le “Fontanelle”. Un’ora dopo siamo a “Portella Mastrangelo” dove decidiamo di consumare il nostro passo. Il passo della “Cerasara” è la nostra prossima meta che raggiungiamo in un breve lasso di tempo, da qui il sentiero declina fortemente e in meno di mezz’ora siamo a “Croce Toppa”, da dove percorrendo la strada asfaltata (in realtà è possibile percorrere anche un sentiero) in circa 50 min siamo all’ex Sanatorio Vittorio Emanuele III in località Zervò. Decidiamo di non fermarci ma di rifornirci di acqua e proseguire per almeno un’ora. In località Mastrogiovanni ci fermiamo. Finisce il primo giorno.


Acqua del Monaco



Piani della Melia


Montiamo la tenda, accendiamo un fuoco di bivacco e ci laviamo. La doccia, una semplice busta alla quale abbiamo praticato un foro è forse il momento più bello che rimarrà impresso come ricordo indelebile. Mentre la nebbia saliva, ci avvolgeva e il fuoco faceva scoppiettare la legna noi sognavamo sotto quel flebile getto d’acqua. I pensieri si rincorrono quando sei nel bosco, di notte, perdi la vista ma gli altri sensi si amplificano in quello che diventa un rincorrersi di rumori, crepitii e ronzii. 



Il secondo giorno partiamo presto e alle 7:30 siamo già sulla strada che ci condurrà al “Passo del Mercante”. Decidiamo di effettuare un ulteriore deviazione, saltare la “Valle dell’Uomo Morto”, le nostre forze vacillano, la nostra fermezza nell’arrivare al compimento dei cinque giorni comincia a creparsi. Facciamo colazione in località “Due mari” e subito dopo riprendiamo il cammino. Alle 13:00 mentre io sono sfinito al contrario del mio compagno di viaggio, arriviamo al “Passo del Mercante”. Lì ho deciso che mi sarei fermato. Comunico la mia intenzione. Enzo capisce che non si tratta di un capriccio ma di una reale necessità. Riprendiamo il nostro percorso consapevoli che la Limina sarebbe stata la prossima tappa ma anche l’ultima, interrompendo così un sogno. Cerchiamo a lungo il campo per il cellulare quando finalmente riusciamo a prendere la linea. Giovanni all’inizio titubante, credendo si trattasse di uno scherzo, comprende che la realtà è quella che gli raccontiamo e senza esitare, nonostante la Limina non sia il posto della porta accanto, parte da casa alla volta del nostro recupero. Siamo sollevati, ancora qualche chilometro. Al Casello Barca ci vengono offerte delle pesche che consumiamo con voracità, ma proprio quando crediamo di avercela fatta ecco la prima vera difficoltà. I segni appaiono poco chiari e in un non nulla perdiamo il sentiero, percorriamo alla ricerca del segno successivo qualche centinaio di metri ma nulla, si torna indietro all’ultimo segno. Eccolo, riprendiamo, ritroviamo la traccia ma di nuovo poco dopo la perdiamo. Nulla. Rinunciamo e con carta alla mano percorriamo un sentiero alternativo verso la nostra meta. Oramai il Monte Limina è davanti a noi, un arcobaleno lo abbraccia e metaforicamente abbraccia anche due amici, due escursioni imbarcatesi in un’impresa più grande di loro. 


I Due Mari


Casello Barca

Sono trascorsi 2 giorni, 48 ore nelle quali abbiamo percorso 60 chilometri del Sentiero del Brigante e attraversato a piedi l’Aspromonte, la via aspromontana del sentiero. Rientro con un turbinio di emozioni, con la delusione di non esserci riuscito ma con la consapevolezza che sarebbe stato un azzardo. Percorrerò di nuovo il Sentiero del Brigante, scegliendo questa volta di appoggiarmi alle tante strutture che si trovano lungo di esso, mangiando e dormendo, scegliendo uno zaino leggero, cambiando molte cose ma mantenendo sempre o stesso compagno di viaggio. Grazie Enzo.


sabato 11 agosto 2018

mini-Kit di Pronto Soccorso per escursionisti

Durante le nostre uscite, che siano di poche ore, di un solo giorno o di più giorni e dunque veri e propri trekking, è indispensabile portare sempre con noi, all'interno dello zaino, un mini-Kit di Pronto Soccorso che contenga medicinali e consumabili che possano rendersi indispensabili in caso di piccoli infortuni. 

La mia amica infermiera, Maria, ha accuratamente scelto, selezionato e confezionato, per le mie uscite e per tutti noi escursionisti, un indispensabile mini-Kit di primo soccorso, composto essenzialmente da due parti, la prima formata da materiale di consumo, la seconda composta da farmaci indispensabili e talora salvavita. Il kit è così composto:

Materiale di consumo
- garze sterili
- disinfettante
- guanti in lattice
- cerotti 
- garza comprimente
- *bisturi
- ago e filo da sutura
- steri strip
- cerotto medico
- siringhe da 2ml e 5ml

*Farmaci
- antistaminico (Trimeton) soluzione iniettabile i.m
- antiemorragico (Ugurol) soluzione iniettabile i.m, e.v e uso locale
- antidolorifico (Spasmex) dolori addominali soluzione iniettabile i.m ed e.v
- antinfiammatorio (Bentelan) soluzione iniettabile i.m, e.v e uso locale
- antiemetico (Plasil) soluzione iniettabile i.m ed e.v
- antiemetico (Plasil) compresse
- antinfiammatorio (Brufen) compresse
- antinfiammatorio (Aspirina) compresse
- antipiretico (Tachipirina) compresse
- antidiarroico (Imodium) compresse
- antiacido (Malox) compresse



E' indispensabile effettuare periodicamente, un'attenta check-list dei medicinali, sostituire quelli eventualmente usati, scaduti o danneggiati. La stessa attenzione è necessaria prestarla ogni qual volta siamo in procinto di partire per le nostre escursioni assicurandoci di posizionare all'interno dello zaino, la custodia contenente i medicinali, in modo tale da evitare che le fiale si possano danneggiare, in tal caso infatti le stesse sarebbero inutilizzabili ed andrebbero immediatamente cestinate. 

Per mia comodità, ho scelto di posizionare la mini-cassettina dei medicinali e dei medicamenti in una zona "laterale" dello zaino, dove non arrechi disturbo ma nello stesso tempo sia facilmente raggiungibile; scelgo di non posizionarla mai sul fondo, in quanto poggiando lo zaino a terra (talvolta lasciandolo cadere) le fiale potrebbero essere schiacciate dal peso di quanto in esso contenuto e danneggiarsi. 

Riporto di seguito qualche link dove è possibile trovare le informazioni necessarie su come effettuare un'iniezione i.m. E' importante padroneggiare la tecnica e dunque una corretta lettura dei link riportati è fortemente consigliata. 

Iniezione Intramuscolo I.M.
1) PicSolution 
2) Nurse24 
3) Video del dott. Raffaele Pilla

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*E' necessario sottolineare che questo non è un sito di medicina, infermieristica o altro, non vengono elargiti consigli su come comportarsi in situazioni d'emergenza e soprattutto si declina ogni responsabilità dall'errato uso dei farmaci sopra riportati o dei consumabili. Sottolineo ancora che la lama da bisturi se non correttamente utilizzata può arrecare danni gravissimi e addirittura la morte; dunque maneggiatela con cura o fatela maneggiare solo da personale esperto e addestrato.




Cascata "lo Schioppo" del Salino - Mammola

Arrivati a Mammola, lasciare la macchina all'altezza del torrente Salino indicato da cartellonista e segnavia bianco/rosso. Risalire attraverso un piccolo sentiero sulla sinistra del torrente; il sentiero dapprima in terra battuta, successivamente diventa meno evidente. La cascata è raggiungibile in 25/30 min. 




Altare sacrificale Motta S. Giovanni

All'altezza dello stretto della Ferrina (passo della Ferrina), lungo la strada che conduce all'abitato del borgo di Motta San Giovanni, sulla destra, subito oltre il guardrail, si trova un antico altare sacrificale, probabilmente risalente al I secolo e dedicato alla Dea Demetra. 



NOTTURNA

fende la notte l’escursionista
con luce tremula
che appanna la vista
sussulta il cuore chiuso nel petto
per lo scricchiolio
di ogni rametto
s’abbarbica il sentiero
tra stretti crinali
valli, rivoli e grossi animali
l’Albara si svela
all’occhio incantato
sotto un cielo trapuntato
[una stella cadente
violenta la notte]
continua il cammino
di tre amici
si svela il mattino
alle pendici
è il redentore
la nostra stazione
passano le ore
ma no l’emozione

martedì 7 agosto 2018

Escursione notturna Gambarie - Montalto

E' un turbinio di emozioni camminare nel bosco, di notte. C'è l'atavica paura del buio, pesto, stranamente più forte vicino alla civiltà, alle ultime case, alle ultime strade battute. La si avverte nell'aria questa paura, nelle tremule luci che attaccate alle nostre teste solcano e varcano la porta del bosco. La si avverte nei silenzi, seguiti all'ascolto del richiamo di una civetta, nel crepitio delle foglie al di là della nostra visuale, lì nel buio di fianco a noi. 
I sensi si amplificano solcando e fendendo il buio della notte: si amplifica l'udito pronto a rimandare ogni crepitio alle nostre spalle all'immaginazione di essere seguiti da esseri mitologici, mostri ciclopici pronti a ingoiarci; si amplifica l'olfatto inondato dagli odori di terra bagnata, di faggio, di felce, dall'odore di ginepro così forte da farti pizzicare le narici. Lo senti in bocca il ginepro, ti invade, ti ipnotizza iridescente con le sue bacche cobalto quasi violate dai raggi di luce lunare che vi si riflettono. 
L'Albara un toponimo di quell'Aspromonte poco conosciuto, lontano dal fragore del tempo e perciò senza tempo. Lì il viandante del cuore della notte si perde sotto un cielo trapunto di stelle, sdraiato in quel prato circondato di abeti accarezzato da milioni di puntini luminosi la cui luce ha viaggiato nel vuoto violando il tempo stesso, prima che il tempo stesso esistesse. Ci si fonde con il bosco violandolo di notte, si diventa parte di esso, con esso e per esso. 
Mi piace pensare che, forse, proprio in quel momento le parole di San Paolo appaiono più chiare: "finché Dio sia tutto in tutti". Lì, durante la notte, la nostra notte, queste parole si sono arricchite di un nuovo significato.








mercoledì 14 marzo 2018

Prastarà - Montebello - Pentedattilo

"Sospeso sulle argille,
d'una vecchia collana,
il paese perde le sue perle,
frana."

Franco Arminio - Cedi la strada agli alberi

Nel brusio assordante delle nostre giornate, talvolta piene di nulla (ri-)prendiamoci il tempo, dedichiamocelo. Questa è la giornata che mi sono dedicato.






dall'escursione Rocche di Prastarà - Montebello - Pentedattilo. 

sabato 24 febbraio 2018

SENZA TITOLO

giace sull'acciaio il grasso signore
mentre si inguanta il sezionatore

affila la lama che luccica adesso
comincia una lunga incisione sul suo petto

trancia il costato
del nostro signore
su ogni lato
il sezionatore

inforca la sega e con molta fatica
scuoia la testa con le dita 

pesa le membra su una vecchia bilancia
si accascia a riposare su una panca

scintilla il sudore alla fioca luce
con filo di spago veloce cuce

finito uno comincia un altro
è il suo lavoro null'altro

---
dalla raccolta "Obitori"
Pellaro, 24.02.2018

giovedì 22 febbraio 2018

OBITORI

E’ steso sul tavolo
dell’obitorio
nessun prologo
per il corpo del profugo

apriamo il sacco
tagliamo i vestiti
resta nudo 
i suoi resti scheletriti

taglio il torace
incido l’addome
puzza il suo
liquido marrone

trancio il costato
sono un uomo mediocre
ricordo Gesù 
sulla croce

muoiono i bambini
muoiono i vecchi
noi siam sempre qui 
a tagliarne i resti

piango adesso 
per questo ragazzo
morto in mare 
senza uno straccio

pianse lui senza saperlo
nella sua vita 
che era un inferno

piangono i figli 
che restano vani
avranno la speranza dei villani
che il loro papà 
si sia salvato
invece di essere sezionato

ritorno in me
finisco il lavoro
è già di nuovo pieno l’obitorio

---
raccolta Obitori
Pellaro, 20 Nov 2017

lunedì 19 febbraio 2018

Arte e fascismo


In questo contesto e momento storico, si parla di fascismo (sempre) con una serie di post discutibili e idioti, pubblicati in massa e che invadono ripetutamente la mia bacheca provocandomi conati di vomito; per fortuna esiste il tasto “non seguire più” che ultimamente mi sta tornando molto utile.

Scrive Veneziani: "Il fascismo non si può ridurre solo a qualcosa di criminale. Non lo farei neanche per il comunismo che per estensione, durata, vicinanza temporale, numero di vittime (in tempo di pace, si badi bene) ha prodotto crimini inarrivabili. Non si può ricordare del fascismo la violenza, la guerra, la persecuzione razziale (diversa da quella nazista), dimenticando le opere realizzate, la tutela sociale, l’integrazione nazionale, i passi da gigante compiuti dall’Italia nel segno della modernizzazione, la forte passione ideale e civile, il consenso."

Mi aspetterei, da persone colte (molte ne ho tra gli amici – almeno credevo fosse così) la cui parola deriva dal latino "cŭltus" «coltivare», un atteggiamento costruttivo su alcuni temi come per l’appunto un periodo storico non molto lontano, ma con profondo rammarico, mi rendo conto che ciò non è possibile; questo non per mancanza di cultura, ma per l’estrema pochezza intellettuale (sembra un ossimoro, ma non lo è). Degli “incolti” (privi di quel briciolo di humus necessario per rivolgermi la parola) non dirò e non ci parlerò più.

Se parliamo di fascismo (ed è una libertà che mi concedo perché ho letto e studiato) possiamo, sembra ombra di dubbio, e dobbiamo usare parole forti, di condanna dal punto di vista storico. Non esistono giustificazioni di sorta, se o ma; storicamente il fascismo è stato un fallimento, come ogni dittatura. Punto. Se però, guardiamo il fenomeno fascismo dal punto di vista dell’arte e della letteratura, nessuno e dico nessuno, può non riconoscerne un trionfo. Il fascismo ha prodotto l’arte più bella del ‘900, quel che rimane oltre che nei musei di tutto il mondo, è visibile al Foro Italico (che menti bigotte e ignoranti vorrebbe demolire). Pirandello era fascista ma mi sembra tutti ne riconoscano il valore letterario, nessuno si sognerebbe di bruciarne i romanzi. Gentile era fascista, ma è indiscutibile il suo lascito. Furono i fascisti a dare luce all’Enciclopedia Italiana, a compiere la trasvolata dell’oceano (a Chicago c’è una statua di Italo Balbo).
Mi fermo qui…

Questo è quello che una persona “colta” e mediamente intelligente riesce a comprendere, far suo. Lo stesso al di là di ogni colore mi piacerebbe avvenisse da parte dei molti amici di sinistra, ma ahimè con profondo rammarico leggo e vedo che ciò (perché?) non risulta possibile.

Godetevi queste foto del Foro Italico perché per molti di voi “amici” saranno le ultime dal mio profilo. Comincerò stasera ad eliminare un po’ di persone la cui presenza non mi è più gradita nemmeno virtualmente.

Per finire: si dice che la lettura sia un piacere, dunque se un libro non è gradito il lettore ha il dovere di lasciarlo a metà. Facebook è la stessa cosa, è un piacere. Se qualcuno ci da fastidio abbiamo il dovere di eliminarlo e allontanarlo.

ad maiora
[pubblicato come post su facebook]









In questi giorni, come già accennato dal primo rigo, si dibatte molto di fascismo e dell'opportunità di tutelare o abbattere i simboli e ciò che ne rimane. Un approfondimento è possibile ai seguenti link:






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Pellaro,
Reggio Calabria 19.02.2918

giovedì 15 febbraio 2018

Io sarei stato fumo

Ho 34 anni e appena terminato "Se questo è un uomo". Non l'avevo mai letto prima, mai letto a scuola. Meglio. Non è un libro per adolescenti che esplodono di ormoni; è un libro che necessita di una certa maturità, che solo dopo e con il tempo si acquisisce. E' un libro, lento, freddo, analitico, ed ecco perché non può essere letto "superficialmente". E' un libro che più di ogni altro, come nessun altro ti lascia dentro qualcosa. Lo rileggerei? Mai. 

E' raro che rilegga un libro già letto, assaporato; preferisco dedicare il mio tempo a scoprire nuovi sapori nelle pagine di un nuovo romanzo. Non ci si può calare in Levi, nonostante si cerchi di farlo; nessuno di noi è Levi e nessuno di noi vorrebbe e potrebbe esserlo. Mi sono interrogato molte volte, riga dopo riga, su come sia stato possibile, che uomini donne e bambini siano diventati fumo, nei forni, nel cuore dell’Europa. Se ci penso, e ci penso, mi viene da dubitare che possa davvero essere accaduto. Ma poi leggi, ascolti, guardi e la pelle ti si gela, gli occhi luccicano e capisci che è stato davvero tutto vero. 

Capisci che oggi fa freddo, a Reggio fa freddo. Ti copri ma non puoi non pensare che qualcuno con indosso solo una camicia sia stato costretto a lavorare, coi piedi immersi nella neve, per ore e ore al gelo della Polonia. Polonia. E penso che io no, non sarei sopravvissuto al lager. Io che indosso le calze di lana anche ad agosto, sarei morto, sarei stato fumo e nulla più. Un numero tra tanti. Non sarei sopravvissuto al dolore delle selezioni tra me e mio fratello, me e mio papà; non sarei sopravvissuto al dolore della separazione da Roberta, a vederla morire di stenti dietro un filo spinato. No, io sarei morto, sarei stato fumo e nulla più. 

E mi domando se oggi fosse possibile. Se il nostro vicino, il nostro amico, il nostro compaesano fosse preso, caricato su un carro bestiame e deportato noi lo permetteremmo? Mi domando questo più di ogni cosa. Forse sì, ci gireremmo dall'altra parte; o forse no? 


mercoledì 14 febbraio 2018

ignoranza e conoscenza

Durante l'ultima escursione, lanciando un frammento di roccia, ho scoperto all'interno questa struttura. Mi ero emozionato pensando si potesse trattare di un qualche fossile, forse una foglia (che ricerco da sempre). Essendo totalmente ignorante in materia, ho chiesto da prima a conoscenti e amici (collezionisti e appassionati) senza ricevere alcuna risposta illuminante e in fine a chi fa questo di mestiere, una docente universitaria di paleontologia dell'Unical, la quale, gentilissima, mi ha risposto nel seguente modo: "...tipiche strutture di alterazione, molto comuni, nelle rocce di tipo marnoso che si formano a causa dei fluidi circolanti." 

Ecco, la scienza e la vita funzionano allo stesso modo, ci si deve affidare a chi ha studiato e investito nelle proprie conoscenze. Non esiste chi sa tutto ma a tutto, affidandosi alle giuste persone, c'è una risposta. 

Se mi fossi affidato e fidato delle mie "conoscenze" e "ricerche" googliane avrei battezzato questa struttura come un raro fossile di una specie estinta di pianta. Ecco lasciate stare internet, google e i vari ciarlatani e affidatevi ai veri professionisti.


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Pellaro - RC
14.02.2018

lunedì 12 febbraio 2018

Escursione Ferruzzano - Rocca Armenia

Tra ripide salite e discese argillose con gli scarponi sprofondati nel fango abbiamo attraversato uno dei posti di Calabria dove la storia ha plasmato la roccia. E di rocce, scavate e non più abitate, che trasudano l'anima dei primi occupatori, che ci siamo riempiti. L'antico borgo di Bruzzano ridotto a rudere, stuprato dal bivacco inconsapevole e ignorante di alcuni avventori e dalla ancora più malevole ignoranza dei molti amministratori.

Pascolo. Africo sullo sfondo

Macina

Edicola

Ionio da Ferruzzano

Antico palmento

Arco dei  Caraffa - 1600

Ruderi di Rocca Armenia - Bruzzano - 1110

Ruderi di Rocca Armenia - Bruzzano - 1110

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Pellaro 12.02.2018