Sapevo che prima o poi sarebbe arrivato ma non pensavo così presto. La natura esige un pegno, mi piace considerarlo così, un tributo per farsi ammirare, per farsi penetrare sin nel profondo. Cavagrande del Cassibile strega, ammalia, affascina, riduce la tua prudenza, ti riduce a nulla in mezzo a quel tutto. È un orgasmo di colori, dal cobalto che sfuma in turchese, dal mirto al giada rilucente di giallo; ci si inebria di colori nel Cassibile che logora le sponde bianche violentate da una sottile trama venosa di antracite. Cassibile è lo spazio, è il tempo che si ferma, ridonda mai uguale a sé stesso. Penetriamo, ubriacandoci di bellezza e ce ne ingozziamo in un gozzoviglio di luci, ombre, bianchi e neri, lontano dal fragore della ressa delle pozze principali. Siamo nel grembo fecondo di quella che è stata la dimora in vita di popoli estinti e il giaciglio eterno dei loro resti sepolti nelle necropoli, scavate a mano nella roccia. Mi sdraio sotto un lentisco e torno in vivo, la mia musica è il frinire delle cicale, ininterrotto. Mi emoziono. Durante le mie erranze ricevo sempre tanto, muschi, oleandri, euforbie, raganelle, libellule, colori, deliri tutto penetra in me come io penetro nel ventre della natura e ne vengo accolto, divento feto e rinasco, nuovo, pronto per la mia prossima settimana inurbata. Ieri ho pagato pegno, come ogni tanto accade. Queste saranno le ultime foto che vedrete scattate dalla mia fedele compagna di viaggio, Olympus OM-D…alle fotocamere non piace l’acqua.
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Per ogni emozione provata devo ringraziare il GEA Gruppo Escursionisti d'Aspromonte, senza il quale probabilmente starei inurbato più del necessario.
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