lunedì 16 ottobre 2017

"Farfalle al Castello" e la fame di cultura di questa città

Reggio ha fame di cultura e quando questa è servita alla città, i reggini se ne cibano. Avidi. 

E’ quanto accaduto con la mostra “Farfalle al Castello” che si è conclusa ieri e ha visto riprodotta, all’interno di una delle torri del Castello Aragonese, una foresta pluviale in miniatura dove tra Ficus e Bromelie svolazzavano centinaia di pregiatissimi lepidotteri provenienti per lo più da Asia e Africa. Cosi da un’idea di due studiosi reggini, due ragazzi reggini, che la fame di cultura e di conoscenza che questa città dimostra attraverso i tantissimi giovani che hanno deciso di mettersi in fila per “conoscere” viene in parte saziata. 

Non è possibile conoscere senza “amare” e dunque l’amore per la natura che deve essere trasmesso alle nuove generazioni di ragazzi che hanno affollato questa mostra deve rappresentare il volano per nuove iniziative che possano coinvolgere e coinvolgerci con entusiasmo fanciullesco. 

Da biologo non ho potuto che apprezzare questa “mostra” che in fin dei conti “mostra” non è stata, perché per la seconda* volta in città è stato dato ampio spazio ad una vera e propria “butterfly house” ma anche e soprattutto viene dato risalto a qualcosa di speciale e meraviglioso come le “farfalle”. Termine poco scientifico ma che racchiude al suo interno un crogiolo di emozioni, costumi, folklore, tradizioni, misticismo e magia ed è di tutto questo che si veniva inondati appena varcata la tenda verde che divideva l’ingresso alla torre dalla farm.
*(mi è stato ricordato dalla mia amica Pia che l'anno scorso questa iniziativa si è tenuta presso il Palazzo della Cultura)

Impossibile non pensare che queste iniziative andrebbero ripetute a ciclo continuo durante tutto l’anno ora con le farfalle ora con i rettili ora con gli anfibi ora con le piante e cosi viva perché aumenti la consapevolezza che la vita si presenta sotto diverse forme, diverse bellezze, diversi colori ma soprattutto si presenta con nomi diversi. Ci vorrebbe una “scuola di nomi” dove venga insegnato a dare un nome a piante e animali perché dare un nome significa riconoscerne il valore e questo rappresentata sicuramente il primo passo da cui muoverci per cominciare a parlare di tutela. 








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16 ottobre 2017
Pellaro

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