lunedì 8 luglio 2024

DAL BELLO AL BRUTTO: UN'ANALISI FATTUALE


Cari amici,
come siamo passati dall’esaltazione estetica in ogni forma alla bruttura diffusa e malata? Sicuramente qualcuno ha interpretato male Le Corbusier ma questo non basta a spiegare tanto squallore. La spiegazione è più fine e purtroppo dolorosa.

Il boom economico del dopoguerra ha comportato l’impiego dei ceti medio/bassi, prima addetti alla lavorazione delle terre agli ordini di baroni e signori, nelle fabbriche e a questo è conseguito, di fatto, l’abbandonato del senso estetico delle cose. Le classi contadine e operaie tremendamente incolte hanno, infatti, imposto una nuova forma estetica: quella minimalista, quella del brutto, dell’osceno. Gli operai rinchiusi in grigie e minimali fabbriche per 10/12 ore al giorno non potevano tollerare più il bello e lo sfarzo delle case dei signori, dei ceti agiati e quello delle chiese. Non dovevano notare alcuna differenza tra la fabbrica, le loro case minimali, spoglie, oscene e grigie e quelle dei signori o delle chiese sfarzose.

Si è così deciso, in concerto con i governi dell’epoca e con riforme discutibili, di omologare ogni cosa al grigiore della fabbrica. Così le chiese sono state spogliate delle ricche decorazioni diventano loculi in cemento grezzo, grigio e lugubri (anni ’70 e ’90). Sono spariti gli affreschi, le stoffe, è scomparso il bello estetico diffuso. Le case signorili sono state sostituite da palazzine mal rifinite e per lo più mai terminate, il mattone forato a poco prezzo era alla portata di tutti. I nuovi arricchiti dovevano dimostrare di possedere edificando piani su piani che, di fatto, sono tutt’oggi incompleti.

Le vecchie classi agiate e dirigenti sono state ora sostituiti dai nuovi ricchi, da zappatori arricchiti, da villani che intanto avevano fatto laureare i figli, per acquisire prestigio e posizione sociale, ma restando e mostrandosi pur sempre zotici, rozzi e cafoni diffondendo come un olezzo disgustoso il loro senso del brutto e contaminando, di fatto, ogni cosa.

Aggiornamento: articolo apparso su Cultura e Identità






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