È la sera del primo settembre
e sfuma il sole dietro le nubi
spremute sui monti Peloritani.
Guardo, appoggiato alla balaustra,
queste vite che scorrono,
qui sotto nel bar Luna,
nulla è cambiato e nulla s’è
smosso. Eppure, siam senza unghie
e le nostre dita hanno perso
la carne, le falangi ossute scorticate.
Siamo risaliti dal fondo d’un pozzo
nero di cenere dei morti;
i morti arsi senza funerale.
L’aria è lattiginosa gravida di paura,
porgi l’orecchio al vento
urla di angoscia vibrano
ancora in questa quieta sera.
M’affaccio sull’orlo di quest’abisso
ancora, di nuovo; lì sul fondo
tra il baluginare di iridi spente
s’affoga in un gorgo la vita
nella spuma rossastra
dalle bocche incanutite.
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