oggi, tutto il giorno.
e non mangerò
né berrò altro che non sia te.
me ne starò con l’orecchio teso
riposto sul tuo petto
a sentir le tortore tubare
mentre lì fuori il cielo s’infuoca
e si fa nuova l’alba.
In una calda giornata d'autunno sono tornato a camminare. Da oltre due mesi ero fermo, varie le ragioni. Ho scelto, assieme ad Antonio, un percorso abbastanza conosciuto, nel cuore del Parco Nazionale dell'Aspromonte: dal paesino di Ciminà alla cresta di Monte Tre pizzi, cima che sovrasta il piccolo agglomerato di case. Ciminà è un paesino d'altri tempi con poco più di 500 abitanti ed è lì, proprio da una delle sue piazze, che parte il nostro sentiero. Percorso poco più di un km la strada asfaltata si perde su un fondo ciottoloso che diventa sterrato e poi sentiero tra gli elci. Il sottobosco profuma ora d'erica, lì dove il sole ruba spazio alla vegetazione, ora di cisto. I ciclamini sono in fiore e nel monotono colore del sottobosco si autodenunciano con i loro colori pastello. Rivoluzionari. Noi, silenti erranti passo dopo passo ci fondiamo con questa natura madre e matrigna. Entriamo in valli umide come vulve che trasudano humus di vita. Lì dove l'acqua zampilla ecco felci, muschi, epatiche, piccoli insetti che danzano furiosi allo scrosciar del salto di minute rane che solo da qualche giorno hanno conquistato l'aria, prima prigioniere del mondo acquatico. Riprendiamo il cammino dopo la breve e rigenerante sosta: la salita è erta. Erriamo tra foreste di arbuti con le bacche rosse e succose di cui ci nutriamo quasi fossimo ospiti di un banchetto organizzato da elfi e gnomi. Camminiamo ancora tra elci e corbezzoli fin dove la macchia si perde, muore, scompare e lascia spazio solo alla roccia nuda: siamo sui tre pizzi. La discesa si presenta sin da subito difficoltosa a causa del fondo composto da pietrisco sdrucciolevole; Ciminà è lì sotto di noi e la sola cosa che possiamo fare e fare attenzione a non scivolare. Poco più di 20 minuti e abbiamo perso oltre 400m di quota, siamo letteralmente precipitati sul piccolo paese, stanchi ma pieni di bellezza che i nostri occhi mortali hanno avuto il coraggio di rubare alla Dea immortale.
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