lunedì 7 aprile 2025

LUCE SOFFUSA


Il mio papà stasera
fermo in piedi sorride,
mentre Alice caracolla
e Sasà balla.

Roberta è stesa sul divano,
li guarda e anche lei sorride.
Si acciambella il gatto
sul bordo del divano.

Io trattengo le lacrime,
vorrei fermare il tempo, adesso,
con questa la luce soffusa
che ci illumina.


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FDA, 2025

I TERRAZZAMENTI DELLA COSTA VIOLA


La Costa Viola è caratterizzata da un paesaggio in cui i terrazzamenti agricoli rappresentano un elemento distintivo. La maggior parte delle aree terrazzate (91,4%) si concentra nei comuni di Scilla e Bagnara Calabra. In queste aree, i terrazzamenti attivi sono prevalentemente coltivati a vigneto (66,5%), seguiti da uliveti (15,1%) e, in misura minore, agrumeti e ortaggi.

I muri dei terrazzamenti della Costa Viola sono manufatti realizzati interamente in pietrame a secco di varia forma e pezzatura. La tessitura muraria non presenta sempre corsi orizzontali regolari e non è fitta. Questa caratteristica lascia uno spazio tra le pietre che facilita il drenaggio e che, nel tempo, viene riempito dalle particelle di terreno trascinate dall’acqua.

Tradizionalmente, la costruzione di questi muri era opera di artigiani specializzati, i "murettari". Il termine locale per questi muri è "Armacìa" o "Armacèra". L'origine del termine può essere rintracciata nel greco antico e nel latino nella parola "maceria". In greco, il termine a cui si fa riferimento significa "cumulo di pietre".
 
Il XX secolo ha segnato un progressivo declino della viticoltura nella Costa Viola, con una significativa riduzione della superficie coltivata a vite tra il 1929 e il 1982.




 
per approfondire: Le pietre sono parole, S. Di Fazio et G. Modica, iiriti editore, 2011


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Attribuzione-NonCommerciale-NonOpereDerivate 4.0 Internazionale
CC BY-NC-ND 4.0
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lunedì 31 marzo 2025

VESPE CARTONAIE IN ASPROMONTE


Vivete l'Aspromonte rurale, perché ha moltissime storie da raccontarvi, come quella delle vespe cartonaie (Polistes spp.) che hanno trovato alloggio all'interno di una vecchia bottiglia di plastica, appesa a un tondino.

Le vespe cartonaie utilizzano una miscela di saliva e fibre di legno masticate per costruire i loro nidi, conferendo loro un aspetto cartaceo. I nidi hanno spesso la forma di un ombrello rovesciato, con celle esagonali visibili.



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FDA, 2025

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domenica 30 marzo 2025

UN ULTIMO SEGNO DELL'EPIDEMIA DI PESTE DEL 1743 A REGGIO?


Ad Armo, a qualche km da Gallina, insiste una pandetta settecentesca recante l'iscrizione:

D.O.M. (Deo Optimo Maximo)
REG. CAROLO VTRIVSO SICI-
LIÆ ET IERVS. REGE HYSP. (Al Re Carlo, di entrambe le Sicilie e di Gerusalemme, Re di Spagna)

INFEC (Infecondo - riferito ad un terribile evento)

SISTE ARE PVO ERECTVS E
ND DANT BORRUTO OFEL
TD BASILIO BOVA CALABRO
AD - 174(3) (Fermati, (viandante) eretto dal mio potere, e (questi) doni Borruto Ofel a Basilio Bova Calabro. Anno Domini 1743)

Nel XVIII secolo, la città di Reggio Calabria fu colpita da una delle più devastanti epidemie della sua storia. Nel 1743, la città venne colpita da una tremenda epidemia di peste, originatasi a Messina a seguito dell'arrivo di una nave proveniente dall'Oriente. Le autorità tentarono di limitarne la diffusione vietando i contatti con Messina, ma senza successo a causa del contrabbando. La prima vittima registrata a Reggio Calabria fu una ragazza, figlia di un calzolaio coinvolto nel mercato nero, morta il 7 luglio 1743.

La peste del 1743 ebbe un impatto devastante sulla popolazione reggina, decimandola e provocando una profonda crisi sociale ed economica, caratterizzata da carestia e dal declino del commercio.
L'incisione INFEC potrebbe rimandare a "infecondo", "non produttivo", "non fertile", in riferimento alla devastante epidemia di peste del 1743. Questa interpretazione, sebbene plausibile, necessita di ulteriori approfondimenti storici e linguistici.




per approfondire:
https://www.jstor.org/stable/23237410
https://popolazioneestoria.it/article/view/966
https://francescodaleo.blogspot.com/

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lunedì 24 marzo 2025

FONTANA BORBONICA DI GALLINA


In località Fontana Vecchia di Gallina insisteva una bellissima fontana borbonica progettata da Giambattista Mori in stile rococò, con influenze barocche. Fu costruita nel 1786, durante il periodo borbonico, come una delle prime opere pubbliche volute da Ferdinando IV di Borbone, re di Napoli, come parte degli sforzi di ricostruzione dopo il terremoto del 1783 che distrusse Sant’Agata, portando alla fondazione di Gallina.

Purtroppo, come ho denunciato nel 2020 la fontana non esiste più (https://www.strettoweb.com/2020/07/abbattua-fontana-borbonica-gallina/1039663/). È stata abbattuta, probabilmente abusivamente, nel più totale disprezzo della storia e della comunità. Dopo la mia denuncia nel 2020 nessuno ne ha parlato, nessuno ne ha più scritto. I riflettori si sono spenti e così per sempre la luce su una delle più belle testimonianze borboniche nel comune di Reggio. E pensare che nel 2019 Italianostra la inserì nella lista rossa dei beni in pericolo motivando che “il recupero e la possibilità di fruizione sarebbero importanti poiché lo si potrebbe inserire in una rete di percorsi culturali della provincia di Reggio Calabria”. Sappiamo bene com'è andata.

Nelle foto la fontana di Gallina e quella di Solano (ne ho parlato qui: https://francescodaleo.blogspot.com/2020/06/fontana-di-solano.html) che ancora insiste nel proprio splendore all’interno della piccola frazione aspromontana.


Gallina (RC)

Gallina (RC)

Solano inferiore (RC)

Solano inferiore (RC)

La pandetta che era presente sulla fontana di Gallina e quella presente sulla fontana di Solano




riferimenti:
Francesco D’Aleo Blog https://francescodaleo.blogspot.com/
De Lorenzo A.M., Le Quattro Motte estinte presso Reggio di Calabria, Edizioni Laruffa, Reggio Calabria, 2001
https://www.strettoweb.com/2020/07/abbattua-fontana-borbonica-gallina/1039663/
https://www.italianostra.org/campagne/lista_rossa/antica-fontana-borbonica-a-gallina-rc-segnalazione-per-la-lista-rossa/

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IL GRANCHIO DELLE FIUMARE


Il territorio calabrese, in particolare l’Aspromonte, è caratterizzato da numerosi corsi d’acqua (fiumare e fiumarelle). Esplorandole è possibile trovare il Potamon fluviatile (Herbst, 1785), una specie di granchio d’acqua dolce.

Lo si trova comunemente, specialmente in corsi d'acqua non tumultuosi, e si distingue per le robuste che presentano una colorazione marrone-magenta. È onnivoro, con una dieta che include alghe, detriti vegetali, larve di insetti, lumache, vermi, piccole rane e girini.

Questo granchio svolge un ruolo importante nell'ecosistema fluviale, contribuendo al controllo delle popolazioni di invertebrati e alla decomposizione della materia organica.










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FDA, 2025
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domenica 23 marzo 2025

MADONNA CON BAMBINO DEL LEANDRO


Oggi, finalmente sono riuscito a vedere la bellissima statua del '500 della Madonna con Bambino custodita nella chiesa del Leandro.

La Madonna con Bambino rappresenta un fulgido esempio di arte rinascimentale, attribuita allo scultore Giuseppe Bottone (lo studioso Pasquale Faenza la attribuisci a Giovan Battista Mazzolo mentre le scene dello scannello al figlio Giovan Donemico), attivo nel XVI secolo. Purtroppo l'illuminazione blu elettrico è terrificante, kitsch.

Il santuario, situato in contrada Oleandro, affonda le sue radici in un passato remoto, risalente al periodo bizantino. Questo luogo di culto, immerso in un paesaggio di suggestiva bellezza, ha attratto nei secoli pellegrini e fedeli, desiderosi di venerare la Madonna dell'Oleandro e di ammirare le preziose testimonianze artistiche ivi conservate. Oltre alla statua principale, il santuario custodisce due tronchi di colonna di epoca bizantino-normanna, un'effige della Madonna del Leandro e un'acquasantiera del 1667 (purtroppo poco valorizzata).

Il nome "Madonna dell'Oleandro" trae origine dalla contrada in cui sorge il santuario, un toponimo che evoca la presenza diffusa di questa pianta nella zona. Sebbene non vi sia un legame diretto tra la Madonna e l'oleandro nel significato simbolico o religioso.

Alcuni vangeli apocrifi riportano che l'oleandro è legato alla figura di San Giuseppe, il cui ramo secco fiorì miracolosamente, indicandolo come sposo prescelto di Maria. Questa leggenda, che ha valso all'oleandro l'appellativo di "mazza di San Giuseppe", potrebbe aver alimentato un senso di rispetto e timore reverenziale verso la pianta, associandola a un'idea di sacro.










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