lunedì 31 marzo 2025

VESPE CARTONAIE IN ASPROMONTE


Vivete l'Aspromonte rurale, perché ha moltissime storie da raccontarvi, come quella delle vespe cartonaie (Polistes spp.) che hanno trovato alloggio all'interno di una vecchia bottiglia di plastica, appesa a un tondino.

Le vespe cartonaie utilizzano una miscela di saliva e fibre di legno masticate per costruire i loro nidi, conferendo loro un aspetto cartaceo. I nidi hanno spesso la forma di un ombrello rovesciato, con celle esagonali visibili.



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domenica 30 marzo 2025

UN ULTIMO SEGNO DELL'EPIDEMIA DI PESTE DEL 1743 A REGGIO?


Ad Armo, a qualche km da Gallina, insiste una pandetta settecentesca recante l'iscrizione:

D.O.M. (Deo Optimo Maximo)
REG. CAROLO VTRIVSO SICI-
LIÆ ET IERVS. REGE HYSP. (Al Re Carlo, di entrambe le Sicilie e di Gerusalemme, Re di Spagna)

INFEC (Infecondo - riferito ad un terribile evento)

SISTE ARE PVO ERECTVS E
ND DANT BORRUTO OFEL
TD BASILIO BOVA CALABRO
AD - 174(3) (Fermati, (viandante) eretto dal mio potere, e (questi) doni Borruto Ofel a Basilio Bova Calabro. Anno Domini 1743)

Nel XVIII secolo, la città di Reggio Calabria fu colpita da una delle più devastanti epidemie della sua storia. Nel 1743, la città venne colpita da una tremenda epidemia di peste, originatasi a Messina a seguito dell'arrivo di una nave proveniente dall'Oriente. Le autorità tentarono di limitarne la diffusione vietando i contatti con Messina, ma senza successo a causa del contrabbando. La prima vittima registrata a Reggio Calabria fu una ragazza, figlia di un calzolaio coinvolto nel mercato nero, morta il 7 luglio 1743.

La peste del 1743 ebbe un impatto devastante sulla popolazione reggina, decimandola e provocando una profonda crisi sociale ed economica, caratterizzata da carestia e dal declino del commercio.
L'incisione INFEC potrebbe rimandare a "infecondo", "non produttivo", "non fertile", in riferimento alla devastante epidemia di peste del 1743. Questa interpretazione, sebbene plausibile, necessita di ulteriori approfondimenti storici e linguistici.




per approfondire:
https://www.jstor.org/stable/23237410
https://popolazioneestoria.it/article/view/966
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lunedì 24 marzo 2025

FONTANA BORBONICA DI GALLINA


In località Fontana Vecchia di Gallina insisteva una bellissima fontana borbonica progettata da Giambattista Mori in stile rococò, con influenze barocche. Fu costruita nel 1786, durante il periodo borbonico, come una delle prime opere pubbliche volute da Ferdinando IV di Borbone, re di Napoli, come parte degli sforzi di ricostruzione dopo il terremoto del 1783 che distrusse Sant’Agata, portando alla fondazione di Gallina.

Purtroppo, come ho denunciato nel 2020 la fontana non esiste più (https://www.strettoweb.com/2020/07/abbattua-fontana-borbonica-gallina/1039663/). È stata abbattuta, probabilmente abusivamente, nel più totale disprezzo della storia e della comunità. Dopo la mia denuncia nel 2020 nessuno ne ha parlato, nessuno ne ha più scritto. I riflettori si sono spenti e così per sempre la luce su una delle più belle testimonianze borboniche nel comune di Reggio. E pensare che nel 2019 Italianostra la inserì nella lista rossa dei beni in pericolo motivando che “il recupero e la possibilità di fruizione sarebbero importanti poiché lo si potrebbe inserire in una rete di percorsi culturali della provincia di Reggio Calabria”. Sappiamo bene com'è andata.

Nelle foto la fontana di Gallina e quella di Solano (ne ho parlato qui: https://francescodaleo.blogspot.com/2020/06/fontana-di-solano.html) che ancora insiste nel proprio splendore all’interno della piccola frazione aspromontana.


Gallina (RC)

Gallina (RC)

Solano inferiore (RC)

Solano inferiore (RC)

La pandetta che era presente sulla fontana di Gallina e quella presente sulla fontana di Solano




riferimenti:
Francesco D’Aleo Blog https://francescodaleo.blogspot.com/
De Lorenzo A.M., Le Quattro Motte estinte presso Reggio di Calabria, Edizioni Laruffa, Reggio Calabria, 2001
https://www.strettoweb.com/2020/07/abbattua-fontana-borbonica-gallina/1039663/
https://www.italianostra.org/campagne/lista_rossa/antica-fontana-borbonica-a-gallina-rc-segnalazione-per-la-lista-rossa/

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IL GRANCHIO DELLE FIUMARE


Il territorio calabrese, in particolare l’Aspromonte, è caratterizzato da numerosi corsi d’acqua (fiumare e fiumarelle). Esplorandole è possibile trovare il Potamon fluviatile (Herbst, 1785), una specie di granchio d’acqua dolce.

Lo si trova comunemente, specialmente in corsi d'acqua non tumultuosi, e si distingue per le robuste che presentano una colorazione marrone-magenta. È onnivoro, con una dieta che include alghe, detriti vegetali, larve di insetti, lumache, vermi, piccole rane e girini.

Questo granchio svolge un ruolo importante nell'ecosistema fluviale, contribuendo al controllo delle popolazioni di invertebrati e alla decomposizione della materia organica.










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domenica 23 marzo 2025

MADONNA CON BAMBINO DEL LEANDRO


Oggi, finalmente sono riuscito a vedere la bellissima statua del '500 della Madonna con Bambino custodita nella chiesa del Leandro.

La Madonna con Bambino rappresenta un fulgido esempio di arte rinascimentale, attribuita allo scultore Giuseppe Bottone (lo studioso Pasquale Faenza la attribuisci a Giovan Battista Mazzolo mentre le scene dello scannello al figlio Giovan Donemico), attivo nel XVI secolo. Purtroppo l'illuminazione blu elettrico è terrificante, kitsch.

Il santuario, situato in contrada Oleandro, affonda le sue radici in un passato remoto, risalente al periodo bizantino. Questo luogo di culto, immerso in un paesaggio di suggestiva bellezza, ha attratto nei secoli pellegrini e fedeli, desiderosi di venerare la Madonna dell'Oleandro e di ammirare le preziose testimonianze artistiche ivi conservate. Oltre alla statua principale, il santuario custodisce due tronchi di colonna di epoca bizantino-normanna, un'effige della Madonna del Leandro e un'acquasantiera del 1667 (purtroppo poco valorizzata).

Il nome "Madonna dell'Oleandro" trae origine dalla contrada in cui sorge il santuario, un toponimo che evoca la presenza diffusa di questa pianta nella zona. Sebbene non vi sia un legame diretto tra la Madonna e l'oleandro nel significato simbolico o religioso.

Alcuni vangeli apocrifi riportano che l'oleandro è legato alla figura di San Giuseppe, il cui ramo secco fiorì miracolosamente, indicandolo come sposo prescelto di Maria. Questa leggenda, che ha valso all'oleandro l'appellativo di "mazza di San Giuseppe", potrebbe aver alimentato un senso di rispetto e timore reverenziale verso la pianta, associandola a un'idea di sacro.










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GLI ABBEVERATOI IN ASPROMONTE


Gli abbeveratoi, in Aspromonte, rappresentano una risorsa fondamentale non solo per gli animali da pascolo, ma anche per le diverse specie che sfruttano le condizioni che si vengono a creare al loro interno. Ma cosa vede un biologo quando guarda un po’ d’acqua e qualche alga? Un mondo.

Oggi, questo in località Basilicò tra Melia e San Roberto, mi ha riservato alcune belle sorprese.

Prima cosa: finalmente qualche girino, verosimilmente di rospo. Gli abbeveratoi, così come le raccolte d’acqua, rappresentano una risorsa importante per la fauna minore.

Poi al microscopio, ho osservato quegli ammassi verdi che sono riconducibili ad alghe del genere Cladophora sp. e piccoli crostacei cladoceri, probabilmente appartenenti al genere Pleuroxus sp.

Se non ci fermassimo solo in superficie, ma imparassimo ad osservare in profondità scopriremmo che il mondo è un posto favoloso, anche se si tratta di una pozza verde e maleodorante.









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sabato 22 marzo 2025

ASPROMONTE RURALE: I COLOMBAI


Spesso lungo i sentieri e le carrarecce, in prossimità dei centri abitati o isolate, sono presenti abitazioni o ruderi che presentano, sulle facciate, caratteristiche strutture triangolari: sono i colombai.

I colombai sono elementi distintivi dei paesaggi rurali, specialmente in Aspromonte, dove si integrano nella storia e nella cultura dei luoghi. Servivano per allevare i colombi, che erano una risorsa preziosa per la carne, le uova e il guano, un fertilizzante naturale molto efficace.

Quelli in foto, di forma triangolare, erano i nidi dei colombi. La forma poteva variare, ma la funzione era sempre la stessa: fornire un riparo sicuro ai volatili. Potevano essere semplici come in questo caso oppure torri o edifici più complessi, a seconda delle esigenze e delle risorse disponibili. Spesso venivano costruiti in luoghi elevati o isolati, per proteggere i colombi dai predatori.

La manutenzione di queste strutture richiedeva una certa attenzione, soprattutto per quanto riguarda la pulizia e la riparazione dei nidi. In alcune zone, esistevano delle figure professionali specializzate nella cura dei colombai, chiamati "colombari".




riferimenti:
https://www.landscapeunifi.it/.../rural-landscape-and.../
Francesco Faeta, Calabria, Editori Laterza
Francesco Nucera, Rovine di Calabria, Casa del libro editrice

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